Cinescienza: Donne

Cosa sarà domani

Una scena del film C'è ancora domani
di Danilo Santelli

Di recente è uscito nelle sale “C’è ancora domani”, film di Paola Cortellesi, del quale è interprete e regista. La storia di una famiglia umile negli anni ’40 dello scorso secolo che secondo Mattia Vitiello, ricercatore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, delinea i tratti di una cultura patriarcale e maschilista che nella società contemporanea italiana conserva caratteristiche evidenti

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In un’Italia alle prese con la fase del secondo dopoguerra, Delia (Paola Cortellesi) è una donna che vive con marito, suocero e tre figli, costretta a fare più di un lavoro, oltre a quello della casalinga, per dare una vita dignitosa ai suoi cari. Nella pellicola “C’è ancora domani”, diretta e interpretata da Paola Cortellesi, si racconta, in bianco e nero, la dimensione di una donna vessata e marginalizzata sia all’interno che al di fuori delle mura domestiche.  “In quegli anni la condizione della donna era comune a tutti gli strati sociali. Nel film della Cortellesi c'è una scena che racconta molto bene la trasversalità della posizione femminile, diffusa anche nei ceti più abbienti. Quando la protagonista va a riscuotere la paga per il lavoro che svolge presso una famiglia agiata assiste a un dialogo sulla situazione politica italiana, durante il quale la padrona di casa viene zittita sia dal marito che dal figlio per aver espresso la propria opinione. Questo episodio lascia intendere in maniera netta come, nonostante lo status culturale ed economico delle due donne fosse estremamente diverso, entrambe fossero state relegate al ruolo di moglie e madre”, spiega Mattia Vitiello, ricercatore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr.

Nel lungometraggio si racconta di un passaggio storico per la donna in Italia: la conquista del diritto al voto nel 1946. “Il raggiungimento del suffragio universale, quando le donne sono state chiamate per la prima volta a votare, è senza dubbio un momento di fondamentale rilievo, non solo per la condizione femminile, ma più in generale per l'avanzamento della nostra società. Ma anche il riconoscimento del diritto all'aborto, 30 anni dopo, è stato di significativa importanza, perché ha consentito alla donna di controllare la gestazione di una gravidanza, con la libertà di scegliere e di gestire il proprio corpo e i comportamenti riproduttivi”, commenta il ricercatore.

Una scena del film C'è ancora domani

Oggi, nonostante la situazione sia in parte cambiata, la condizione femminile in Italia non appare adeguata a quanto dovrebbe prevedere una società civile avanzata. E la responsabilità del genere maschile è decisamente evidente, come sottolinea Vitiello: “In questo senso c’è ancora tanto da fare. La disparità di genere è un aspetto estremamente critico, visto che alle donne dovrebbe essere attribuito un ruolo decisivo e paritario, alla stregua di quanto spetta agli uomini. È chiaro come l’uomo, guidando i processi decisionali della società, sia il maggior responsabile di questa condizione, e proprio per questo dovrebbe affrontare un percorso di affrancamento dai propri pregiudizi e dalle paure, per liberarsi dall’urgenza di voler decidere per e non con le donne”.

Un dato importante è il trend che riguarda i femminicidi, in rialzo nel nostro Paese. “Senza dubbio i femminicidi sono in netto aumento e mostrano un andamento di difficile inversione, almeno nel breve periodo. Non ho mai creduto che i mass media possano influenzare un fenomeno sociale come questo, ma credo che un operato attento e misurato da parte dei mezzi di comunicazione possa contribuire al miglioramento del pensiero collettivo intorno a tale triste fenomeno”, conclude il ricercatore.

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